IL PICCOLO 18 MAGGIO 2020
TRIESTE. Caro fratello, compagno di viaggio, queste sono le esperienze provate da Jaques che ha vissuto,m il virus sulla sua pelle: ” Nel tempo sospeso del virus i sintomi si presentavano a volte come dei ladri: ci rubavano il gusto e l’olfatto, ci annebbiavano la vista, ci forzavano all’assenza di contatto, limitandoci l’esperienza del tatto e del tocco. Era come se ci fossimo trovati all’interno del libro di Saramago, Cecità, deprivati però di quasi tutti i sensi. Il cippo perdeva gusto, l’appetito scarseggiava, era necessario mangiare, lo sapevamo con la ragione, però mancava il gusto, il piacere. la vita non sapeva di niente.
qualcosa di simili avveniva con gli odori. Avrei potuto camminare in mezzo ai roseti di S. Giovanni, senza l’esperienza quasi magica di inebriarmi con il dolce profumo delle rose. Gli occhi prudevano ed invitavano al ritiro, non si guardava più all’orizzonte, non si poteva né si voleva vedere più di tanto. In fine, le mani erano sempre protette dai guanti e il contatto con l’altro era diligentemente evitato. Senza abbracci o carezze, soltanto la diffidenza eterna riservata a tutti, possibili untori.
Non ci restava altro che ascoltare, voci, musica, uccelli, la bora. Mai come ora i merli occupavano gli alberi qui sotto casa. La loro musica mi faceva sorridere, si imponeva al silenzio della quarantena. Era come se fossero dei messaggeri cantatori della speranza giorni migliori”.-
Alessio Pellegrini