Certo! a meno che il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno non contenga una specifica limitazione alla capacità di contrarre matrimonio: a confronto due provvedimenti rispettivamente del Giudice Tutelare di Modena (18.12.2013) e del Giudice Tutelare di Trieste (28.9.2007) che, di fronte a casi analoghi per grado di disabilità, e seppur guidati dagli stessi principi, hanno dato risposte opposte, dato che il primo giudice ha “permesso” il matrimonio e il secondo no.
In entrambi i casi esaminati si trattava di decidere se una persona affetta da disabilità mentale potesse sposarsi:
nel caso del Tribunale di Modena la questione interessava una persona affetta da ritardo mentale lieve, sintomatologia psicotica con persistenza di allucinazioni uditive e disabilità nelle competenze sociali e relazionali;
nel caso del Tribunale di Trieste la beneficiaria era affetta da ritardo mentale di grado medio, oligofrenia e difficoltà di apprendimento, di relazione e di integrazione lavorativa;
entrambi i giudici sottolineano, nei rispettivi provvedimenti, che l’amministrazione di sostegno consente di estendere al Beneficiario talune limitazioni previste per l’interdetto, come l’incapacità a contrarre matrimonio prevista dall’art. 85 c.c., senza bisogno di ricorrere all’interdizione e che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti per i quali non sia prevista una specifica limitazione;
entrambi i Giudici hanno svolto una audizione accurata della persona interessata, dei rispettivi fidanzati, dei genitori dei nubendi, persino (il secondo) dei sacerdoti coinvolti (quello della parrocchia frequentata dalla ragazza e quello, diverso, cui era stato chiesto di celebrare il rito);
entrambi i Giudici hanno preso in attenta considerazione il parere degli operatori sanitari e sociali che già avevano in cura la Beneficiaria perché seguita, nel primo caso, dal Centro di Salute Mentale e, nel secondo, dai Servizi Sociali da molti anni;
entrambi hanno valutato in quale misura la disabilità potesse influire sulla libertà del consenso al matrimonio, sulla maturità psicofisica a compiere l’atto e sulla consapevolezza delle responsabilità che il matrimonio comporta, evidenziando peraltro il valore, anche terapeutico, che la relazione affettiva rappresentava per entrambe le coppie.
All’esito dell’istruttoria, il giudice di Modena ha ritenuto che le patologie (peraltro presenti anche in capo al ragazzo) non fossero ostative alla creazione del nuovo nucleo familiare mediante il matrimonio e ha dunque rigettato l’istanza di sospensione delle pubblicazioni matrimoniali, mentre il Giudice di Trieste ha ritenuto più prudente sospenderle, nominando amministratore di sostegno il Parroco con l’incarico di “vegliare” sull’evoluzione della relazione affettiva, coordinandosi con la famiglia e i servizi sociali.
Chi può dire, se non la vita stessa degli interessati e delle persone eventualmente coinvolte (i genitori, i figli!), quale delle due possa dirsi, alla fine, la decisione giusta?
Può dirsi però subito che giusto è stato il metodo adottato da entrambi i Giudici per prenderla, metodo caratterizzato da ascolto, attenzione, considerazione di ogni aspetto della condizione personale, familiare e sociale delle persone coinvolte, consulenza di specialisti (psichiatri, psicologi, assistenti sociali) e, soprattutto, valorizzazione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno che consente di modulare la protezione del Beneficiario, cercando di salvaguardare il più possibile la sua piena capacità di agire.