La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 3659/2018 (che alleghiamo) su un ricorso proposto, in materia penale, da un beneficiario di amministrazione di sostegno (di seguito A.d.s.) condannato da Tribunale e Corte d’Appello per un grave reato commesso nei confronti di minori.
I motivi del ricorso alla Suprema Corte vertevano, in sostanza, su un’unica importante questione: l’Amministratore di sostegno (di seguito A.d.s.) può nominare l’avvocato di fiducia di un imputato, nonostante che l’atto di nomina sia da ritenere un atto strettamente personale e riservato al solo imputato, – come testualmente recita la sentenza -, salvo il caso previsto dall’art. 96, comma 3 c.p.p.1?
La questione è stata decisa dalla Suprema Corte in senso affermativo: l’A.d.s. può nominare l’avvocato di fiducia di un imputato. Questo è il principio di diritto enunciato: ove l’indagato (o l’imputato) sia sottoposto all’istituto dell’amministratore di sostegno e la nomina del difensore di fiducia sia effettuata dall’A.d.s., espressamente autorizzato in tal senso dal giudice tutelare, non sussiste alcuna violazione del diritto di difesa. Poiché compete al Giudice tutelare di conformare i poteri dell’A.d.s., eventualmente attribuendogli la facoltà di nominare un difensore di fiducia al beneficiario – se lo ritiene necessario in relazione alle sue capacità in funzione delle esigenze di protezione – la nomina del difensore compiuta dall’A.d.s. garantisce al beneficiario la scelta del professionista più idoneo a curarne gli interessi nel processo.
Nel caso, col decreto di nomina dell’A.d.s. il Giudice tutelare aveva espressamente incaricato l’Ads di nominare l’avvocato di fiducia per il procedimento penale cui il beneficiario era sottoposto. Non avendo impugnato questa decisione del Giudice tutelare, il beneficiario non poteva certo invocarne l’illegittimità nel procedimento penale e, comunque, nessuna violazione del diritto di difesa si è verificata.
Una seconda questione è stata sollevata dalla difesa, collegata alla prima: ove l’imputato non sia ritenuto in grado di effettuare consapevolmente la scelta del proprio difensore, non dovrebbe essere sospeso il processo per incapacità del medesimo a stare in giudizio? In proposito la Suprema Corte osserva che l’a.d.s. ha la finalità di offrire a chi si trovi nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi uno strumento che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, interdizione e inabilitazione. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’a.d.s. va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma perché più idoneo ad adeguarsi alle esigenze del beneficiario per la sua flessibilità e maggiore agilità della procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformità di questa misura alle esigenze del caso, tenuto conto del tipo di attività che dev’essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, cioè la natura e la durata dell’impedimento e tutte le altre circostanze che caratterizzano l’impedimento (secondo quanto già affermato dalla 1 sezione della Corte di Cassazione con sentenza 16/10/ 2011 n. 22332). Sul punto la Corte di Cassazione si rifà alla Sentenza della Corte costituzionale n. 440/2005 che ha stabilito, fra l’altro, che «la complessiva disciplina inserita dalla legge n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e consente, ove la scelta cada sull’amministrazione di sostegno, che l’ambito dei poteri dell’amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell’inabilitazione o dell’interdizione».
Pertanto, la Corte di Cassazione afferma, nella sentenza che qui presentiamo, che la persona beneficiaria di a.d.s. non è considerata, per ciò solo, incapace di intendere e volere, essendo estranee, in linea di principio, all’istituto dell’a.d.s. specifiche situazioni di infermità mentali che rendono la persona totalmente incapace. L’art. 409 del codice civile ha, infatti, cura di precisare che il beneficiario “conserva” (virgolette nella sentenza) la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’a.d.s. Il che significa che la capacità di agire della persona con disabilità subisce una semplice “limitazione” escludendosi dalla sua capacità di agire solo gli atti che, a tenore del decreto, possono essere compiuti unicamente dall’a.d.s. e con la sua assistenza.
Poiché la capacità processuale dell’imputato consiste nella partecipazione cosciente, cioè nella percezione da parte dello stesso del senso degli avvenimenti in corso, del fatto oggetto del processo e delle conseguenze dell’eventuale assoluzione o condanna, la semplice sottoposizione dell’imputato all’istituto dell’a.d.s. non determina automaticamente l’incapacità del medesimo a partecipare coscientemente al processo (ex art. 70 c.p.p.) così come la capacità di partecipare al processo è altro rispetto alla mancanza di imputabilità (art. 86 c.p.p.): si tratta di stati soggettivi che, pur accumunati dall’infermità mentale, operano su piani del tutto diversi e autonomi.
Per lo stesso principio la Cassazione Penale aveva affermato, con la sentenza n. 36942 del 21 luglio 2015, che il beneficiario di a.d.s. non può essere considerato automaticamente non imputabile in relazione ad un reato che egli stesso ha commesso. La nomina di un amministratore di sostegno non presuppone necessariamente una particolare situazione di infermità, fisica o psichica, del beneficiario tale per cui il soggetto possa essere considerato non imputabile e quindi non esclude a priori la possibilità che il beneficiario possa essere comunque condannato per un reato che ha commesso. Andrà esaminata ogni situazione specifica e ricorrendone i presupposti ed in relazione al tipo di reato, anche il beneficiario potrebbe incorrere in una condanna penale. Per poter escludere l’imputabilità del beneficiario è necessario che lo stato di infermità incida concretamente sulla capacità di intendere e di volere dello stesso.
Ne consegue che, solo ove sia stata concretamente accertata l’incapacità dell’amministrato di partecipare coscientemente al processo, il giudice è tenuto a disporre, ai sensi dell’art. 71 c.p.p., la sospensione del processo.
La giurisprudenza qui richiamata conferma che l’istituto dell’a.d.s. ha carattere “elastico”, si adatta alle situazioni soggettive della persona da proteggere e nessun automatismo in ordine alle capacità del soggetto vi può essere applicato. (In allegato il testo della sentenza)
1L’art. 96 c.p.p.consente che il difensore sia nominato da un prossimo congiunto nel caso di persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi abbia provveduto.
Cass pen su nomina avv.di fiducia dell’Ads