IL PICCOLO 23 APRILE 2020
TRIESTE. Come stai? E’ la prima domanda e la più banale che mi sento fare ogni giorno, ogni volta che chiamo qualcuno. I primi tempi mi chiedevano anche dove sei?, poi forse vista l’inutilità della domanda questa parte devono averla saltata, ultimamente anche il cosa fai di bello? è diventato demodé. Ogni volta che ci si sofferma un po’ sulla risposta, mai troppo a dir il vero tanto ormai è una domanda di rito e ritualmente si deve rispondere bene: anche per non impegnare l’altro ad andare avanti su un discorso troppo personale.
Eppure in questi ultimi tempi questo come stai? assume una certa profondità. Alle volte penso che ci si nasconda per non far vedere: non va sempre tutto bene. In particolare di questi tempi dopo oltre un mese di esiliati in casa in cui siamo come naufraghi dispersi e cerchiamo qualcosa che non troviamo.
E poi c’è il timore di chiedere aiuto, il timore di ammettere che abbiamo bisogno di scambiare quattro parole e molte volte non sappiamo chiederlo, non ci rendiamo conto di quello che realmente ci accade. Siamo convinti, e siamo bravissimi ad illuderci, che va come sempre solo che siamo chiusi in casa, anche se dentro abbiamo una vocina che grida che non è tutto normale; lo capisce anche il cane che ci vede uscire con la museruola, lo capisce anche il gatto che gli occupiamo il posto del letto che da contratto era suo dalle 8 alle 17, festività escluse. Non è tutto normale ne stiamo parlando da ormai più di un mese, e forse la cosa difficile è che non sappiamo nemmeno noi come stiamo.-
Alessio Pellegrini