A poche ore dall’entrata in vigore del D.L. n. 1/2021 non posso tacere il mio pensiero, pur personale e forse non da tutti condivisibile, sull’urlo aberrante dell’art. 5 che, ancora una volta, pretende di disciplinare specificamente un problema di fatto inesistente, se avessimo avuto il coraggio di guardare alla ratio di tutti i provvedimenti limitativi dell’ultimo anno.
In verità, da anni, è IL DIRITTO la vera vittima di questo Paese. Ci siamo persi per strada i principi fondamentali, le norme semplici, di ampio respiro, generali, capaci di disciplinare, al loro interno, ogni fattispecie. Certo, ci vorrebbe una applicazione di buon senso, cum grano salis, fiducia in una magistratura illuminata, capace di dire cose giuste, di dire di giustizia nell’ambito di poche, semplici, norme. Invece no, non crediamo per nulla nei Giudici, non abbiamo fiducia nella società, nello spirito di autoconservazione di ognuno, riteniamo di dover accontentare necessariamente tutti o pochi: chi grida di più, chi è più forte, chi è più utile. Da anni abbiamo partorito atti legislativi diretti a disciplinare tutto, normare ogni cosa, nell’incessante ricerca di un equilibrio che, in effetti, già c’era. Il risultato è quello di aver creato un Paese dove tutto è lecito e vietato allo stesso momento. Gli avvocati ed i magistrati si muovono sperduti nei labirinti delle norme, avendo perso già da tempo il filo conduttore, quel filo di Arianna che era dovere del legislatore lasciar ben visibile.
Nell’ultimo anno, a ragione o a torto (lo diranno i libri di storia), sono state limitate le libertà personali di ciascuno di noi: stai a casa, esci poco, domani un po’ di più; mascherati, non abbracciare; lavora, un po’ meno, non lavorare, domani si, dopodomani meno; soccorri, lascia andare; stai distante, un po’ di più; ama, solo se convivi. Tutto è stato concesso, da ciascuno di noi, senza alzar troppo la testa, in forza di norme, o semplicemente dello spirito di autoconservazione perché, in maggioranza, non siamo stupidi.
Tutto è stato concesso perché andava preservato il BENE SALUTE. Il bene supremo, quello che ci permette di esserci, più ricchi o più poveri, ma di esistere. L’art. 32 della Costituzione si è persino consumato e sbiadito per quanto è stato utilizzato nel 2020.
Poi, dopo averci dato speranza, averci detto che in fondo al tunnel c’è luce, che è l’ultimo sforzo, che dobbiamo stare uniti, prenderci per mano e correre verso la luce, che ci dobbiamo vaccinare tutti, che non ci obbligheranno a farlo perché credono in noi, che farlo è per il bene di tutti; ecco, poi, il legislatore sceglie di disciplinare, con un articolo degno della più ottusa spinta burocratica, il consenso informato delle persone incapaci, prive di “rappresentante legale”, ma solo di quelle ricoverate in strutture protette: in casa di riposo. Gli altri incapaci, a casa con le badanti? Ci penserà forse dopo.
Inutile riprendere in questo articolo il contenuto del decreto: immaginate solo che magistrati, avvocati, direttori sanitari di strutture, hanno trascorso il 5 e il 6 gennaio ad interrogarsi sull’applicazione dell’art. 5 del D.L. 1/2021. Hanno, obtorto collo, macchiato ulteriore carta; pacchi e pacchi di carta: modelli di ricorsi, linee guida per la convalida dei consensi prestati dagli operatori sanitari, regolamenti interni, esterni, convenzioni, protocolli. Gli operatori del settore si sono tutti letteralmente tappati il naso, hanno fatto finta di non vedere l’incostituzionalità di questo decreto; hanno coperto con la mano l’ultimo comma dell’art. 408 C.C., come se non esistesse.
Qui, permettete lo sfogo, non posso non gridare a gran voce che tutto ciò, ancora una volta, NON era necessario.
In assenza di un esplicito dissenso, reso con dichiarazioni anticipate di trattamento, o paventato anche con voce flebile dall’interessato, l’art. 54 c.p. (o 2045 c.c.) sarebbe stato l’unica logica norma da applicare per permettere la vaccinazione di persone incapaci, siano essere prive o munite di “legale rappresentante”.
54 c.p.: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
Se dunque per vaccinare una persona incapace abbiamo dovuto fare un D.L. ad hoc – diretto ad appesantire ulteriormente il sistema giustizia e la già frenetica attività degli operatori impegnati nelle strutture residenziali – e lo abbiamo fatto, caro legislatore, riconoscendo in forma esplicita (questa volta si esasperata) la sacralità del consenso informato, che sempre e comunque va preservata, allora ciò significa che non c’è una emergenza sanitaria in atto!
NON c’è uno stato di necessità nella pratica di inoculare il vaccino;
Inoculare il vaccino NON è necessario a “salvare altri”;
Il Covid-19 NON mette in pericolo alcuno;
Il Covid-19 NON crea un danno grave alla persona;
Perché se viceversa, caro legislatore, volessimo ammettere che:
– se non mi vaccino metto in pericolo me,il mio vicino e la struttura intera che mi ospita;
– per gli incapaci, spesso affetti da pluripatologie, il Covid-19 è potenzialmente letale;
– laddove il Covid 19 per queste persone non sia letale, vi è il pericolo che arrechi postumi anche permanenti, suscettibili di causare un danno grave alla persona.
Se volessimo ammettere tutte queste ultime ipotesi, allora ci dovete spiegare perché avete così poca fiducia nella magistratura e non credete che nei casi controversi si sarebbe potuto applicare pacificamente l’art. 54 c.p. e/o l’art. 2045 c.c..
Ci devi spiegare, caro legislatore, perché non lo hai invocato tu stesso quell’articolo, nella smania produttiva di norme!
Ci dovrai anche spiegare perché per questo vaccino hai fatto una norma ad hoc e non ti sei mai preoccupato di come venivano somministrati fino ad oggi i vaccini antinfluenzali (o i farmaci) agli incapaci privi di legale rappresentante.
Avv. Matteo Morgia