No, secondo il Tribunale di Trieste, perché l’intervento si inserisce tra quei trattamenti sanitari che il medico deve adottare ricorrendo lo stato di necessità, salva la manifestazione o la conoscenza di un chiaro dissenso del paziente. Tribunale di Trieste, G.T dott.ssa Gloria Carlesso 26 febbraio 2010
Il caso riguarda una paziente affetta da Morbo di Parkinson e in stato avanzato di debilitazione psicomotoria per la quale il medico ritiene necessaria la PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea) che consiste nell’inserimento nello stomaco di un tubicino di silicone sotto controllo endoscopico per via percutanea;
il medico stesso, trattandosi di paziente che non è in grado di manifestare il proprio consenso al trattamento, sollecita i familiari a richiedere la nomina di un amministratore di sostegno che possa firmare il consenso informato in luogo dell’interessata;
il giudice tutelare respinge il ricorso, osservando che se il trattamento viene qualificato “necessario” dallo stesso sanitario, questi deve effettuarlo, a meno che non gli consti il dissenso del paziente stesso.
Il provvedimento in esame ritorna sul tema del confine tra lo stato di necessità e il consenso informato nel caso speciale della PEG, che comporta una anestesia locale e richiede dunque l’intervento del gastroenterologo e dell’anestesista; può accadere che il gastroenterologo sia pronto a procedere all’intervento (spesso richiesto dal Medico di altro reparto) ma l’anestesista si rifiuti di farlo in mancanza del consenso informato del paziente.
Che fare allora?
Si consideri che l’applicazione di una PEG, seppure non sia, a fronte di una situazione di incoscienza o incapacità del paziente e nell’immediato, un intervento urgente e indifferibile, tale diventa nell’arco di tre-quattro settimane; nel breve periodo (ossia entro le 3-4 settimane) infatti, al paziente può essere applicato un sondino naso-gastrico il quale però, decorso detto periodo, reca il rischio di piaghe da decubito o di rigurgito, ossia di un aggravamento delle condizioni del paziente, con la necessità di essere rimosso perché non permette una alimentazione adeguata e completa, possibile invece con la PEG.
La PEG dunque rappresenta l’unica misura sanitaria per un paziente che si preveda possa rimanere nello stato di coma o di incapacità ad esprimere un consenso oltre detto breve termine, sì che è sicuramente nell’interesse del paziente che l’applicazione di una PEG abbia luogo entro breve termine per nutrire meglio il paziente e consentire la sua riabilitazione.
Nel caso in esame (adottato sulla scia di altri analoghi precedenti vd Tribunale di Trieste 17 dicembre 2008 in www.personaedanno.it), il Giudice Tutelare ritiene che nel momento in cui la PEG è giudicata dai sanitari stessi un intervento necessario, questi devono applicarla ricorrendo uno stato di necessità, dunque a prescindere dal consenso informato.
Unico ostacolo a tale procedura può essere il dissenso del paziente, conosciuto dai familiari e comunicato ai medici ovvero manifestato dal paziente stesso e che va rispettato.