La scelta della misura da applicare (es amministrazione di sostegno, interdizione o inabilitazione) è guidata non dalla gravità dello stato psico-fisico del beneficiario, bensì dallo scopo della protezione tenuto conto degli interessi da tutelare – Trib. Milano 11/2/2013
Ad una donna era stata diagnosticata la malattia di Alzheimer, contraddistinta da progressivo peggioramento delle funzioni cognitive, disturbi di memoria, disorientamento temporo-spaziale e riduzione dell’iniziativa psicomotoria; era stato promosso dalla figlia un giudizio per dichiararne l’interdizione, nel corso del quale la stessa ricorrente aveva rinunciato alla domanda chiedendo al Tribunale di trasmettere gli atti al giudice tutelare per la nomina di un amministratore di sostegno.
Nella sentenza in esame, il Tribunale di Milano sottolinea che la gravità della malattia, soggetta oltretutto ad ulteriore peggioramento, non possa di per sé giustificare l’applicazione di istituti totalmente privativi della capacità di agire, ma che debba essere invece esaminata la relazione tra la misura di protezione e gli interessi da tutelare.
L’interdizione servirebbe se fosse necessario inibire totalmente alla persona di esplicare all’esterno una capacità di agire viziata che la potrebbe esporre a recare a sé o ad altri un danno; nel caso di specie, invece, è la stessa patologia che, per le sue caratteristiche e per le modalità di assistenza, impedisce all’interessata qualunque contatto diretto e autonomo con la realtà esterna, idoneo a produrre effetti giuridici e negoziali alla stessa pregiudizievoli.
La pronuncia è coerente con i principi enunciati dalla Suprema Corte di cassazione, secondo la quale “nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni a mente dell’art. 418 c.c. per applicare l’amministrazione di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che rispetto all’interdizione e all’inabilitazione l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto, in relazione e alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa” (Cass. civ. sez. I, 22 aprile 2009. n. 9628).