Brevi riflessioni sul rendiconto dell’amministratore di sostegno
a cura dell’avv. Gioacchino Boglich
Le norme che regolano l’istituto dell’amministrazione di sostegno non prevedono direttamente un obbligo di rendiconto in capo all’amministratore di sostegno (d’ora innanzi ADS).
L’art. 405 n. 6 cod.civ. prevede la necessità che l’ADS periodicamente debba “riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario”, e la relazione che l’ADS deve depositare è cosa, ovviamente, ben distinta dal rendiconto.
Peraltro l’art. 411, comma primo, cod. civ. richiama alcuni articoli in tema di tutela e curatela applicabili, in quanto compatibili, all’amministrazione di sostegno, tra questi, per l’argomento che ora si tratta, l’art. 380, primo comma, cod.civ. che così recita: il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare.
Ci si chiede allora se il rendiconto sia o no obbligatorio nella amministrazione di sostegno.
Nel libro “L’amministratore di sostegno, nell’interpretazione della giurisprudenza” a cura dell’avv. Claudio Tagliaferri, ed. Giuffrè, pag. 325, si può leggere che “l’amministratore di sostegno ha, inoltre, l’onere di tenere la contabilità dell’amministrazione e rendere conto periodicamente al giudice tutelare, che sorveglia sull’attività.”[1] L’opportunità di predisporre annualmente il rendiconto scaturisce – secondo l’avv. Tagliaferri – non solo, ovviamente, dalla necessità di verificare le spese sostenute nel corso di un anno, ma anche dalla necessità di mettere a disposizione del giudice tutte le informazioni essenziali circa le condizioni di salute e, in via più generale, del progetto di vita del beneficiario; con la possibilità che il Giudice tutelare, letto il rendiconto, possa suggerire nuove voci di spesa al fine di migliorare ancora di più le condizioni di vita del beneficiario. Ad esempio, se il rendiconto dà un attivo importante, il giudice tutelare, ex art. 44 disp.att. cod.civ. può chiamare l’amministratore di sostegno e stimolarlo ad investire detti soldi in attività migliorative della vita del beneficiario, cercando di rispettare, se possibile, i desideri e le aspettative del beneficiario stesso.
Il punto merita, a parere di chi scrive, un doveroso approfondimento, tenuto conto che il controllo del giudice tutelare può avvenire anche sulla base della relazione annuale, questa sì obbligatoria. Partiamo dal dato normativo: l’art. 409 cod.civ. stabilisce che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Questo principio generale va collegato con la previsione dell’art.411, comma 4, il quale prevede che il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno o successivamente possa disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno avuto riguardo all’interesse del medesimo e a quello tutelato dalle predette disposizioni.[2]
Dalla lettura combinata di dette norme emerge chiaramente che la regola è quindi la capacità di agire del beneficiario, mentre le limitazioni alla sua capacità di agire sono l’eccezione (Per inciso si ricorda che nei lavori preparatori e nella prima stesura delle norme in tema di amministrazione di sostegno detta impostazione era completamente rovesciata.[3])
Su questa base però possono sorgere dei dubbi sull’obbligatorietà del rendiconto per tutte le amministrazioni di sostegno, che parte della dottrina considera dato pacifico (lo stesso Calò, a pag. 127 della pubblicazione citata, indica come applicabile l’art. 380 cod civ. in tema di rendicontazione).
Se la regola è la capacità di agire del beneficiario, il rendiconto – evidentemente previsto per effettuare un controllo sull’operato dell’amministratore di sostegno e non sul beneficiario – potrà essere obbligatorio se la gestione del patrimonio è effettuata dall’ADS con una rappresentanza esclusiva oppure per quelle voci di spesa gestite in via esclusiva dall’amministratore di sostegno: infatti, se il beneficiario può compiere, da solo o con l’assistenza dell’ADS, atti dispositivi del proprio patrimonio, non si comprende perché l’ADS dovrebbe rendere il conto del suo operato.
A ben vedere quindi deve escludersi una estensione automatica dell’art.380 cod.civ. (che prevede l’obbligo di rendiconto per il tutore) alle amministrazioni di sostegno.
Al riguardo si registrano orientamenti difformi da parte dei Giudici Tutelari del Tribunale di Trieste.
In alcuni casi, pur in presenza di una rappresentanza non esclusiva, il giudice tutelare indica espressamente l’obbligo del rendiconto (si veda decreto dd 28.09.11, dott.Carnimeo; lo stesso giudice, in un altro caso di rappresentanza non esclusiva, non indica la necessità di rendere il conto), mentre in altri, pur di fronte ad una rappresentanza esclusiva, il giudice tutelare non indica espressamente l’obbligo di rendiconto (si veda il decreto dd 18.11.2009, dott.ssa Carlesso); in un caso in cui l’ADS aveva solo poteri di assistenza del beneficiario, il giudice tutelare informa l’amministratore di sostegno dell’obbligo “di tenere regolare contabilità dell’amministrazione“ (decreto dd 09.10.2013, dr. Fanelli); in altro caso, dove l’Ads aveva alternativamente sia poteri di assistenza che di rappresentanza, il GT non specifica se sia o meno necessario presentare il rendiconto annuale (vds decreto dd 22.03.2016, dott.ssa Fanelli); in un caso, apparentemente analogo, in cui l’ADS aveva poteri di rappresentanza non esclusiva e di assistenza il GT prevede espressamente l’obbligo di redigere il rendiconto (vds decreto dd 30.07.2016, dott. Moscato); infine in un caso con poteri di rappresentanza esclusiva, il GT dispone l’onere per l’ADS di presentare, al termine di ogni anno, il rendiconto contabile comprensivo di entrate ed uscite (vds decreto dd 17.05.2017, dott.Vascotto).
Alla luce di queste considerazioni, si potrebbe suggerire agli ADS – sul presupposto che l’amministrazione di sostegno è uno strumento duttile e flessibile, calibrato sulle esigenze del beneficiario e sulla reale situazione economica da gestire – di chiedere al Giudice Tutelare, in determinate circostanze, di essere espressamente esonerati dal rendiconto e/o di chiedere di essere autorizzati a rendicontare solo alcune spese, superiori ad un certo ammontare o relative a voci straordinarie. Nel caso, ad esempio, di una Beneficiaria, che vive con una pensione di invalidità pari a circa € 290 al mese oltre a vari e temporanei sussidi erogati dal Comune, sembra eccessivo pensare a un obbligo di rendiconto da parte dell’Amministratore di sostegno e legittimamente questi è stato esonerato dal presentarlo.
In conclusione, l’obbligatorietà o meno di presentare un rendiconto dovrebbe essere di volta in volta vagliata dal Giudice Tutelare, a seconda della reale situazione economica del beneficiario, dell’ampiezza della sua autonoma capacità di gestione, dei poteri attribuiti all’ADS e delle finalità stesse della protezione.
Trieste, 19 febbraio 2018
Avv. Gioacchino Boglich, Presidente di AsSostegno
[1]Conforme anche Mauro Bernardi, si veda l’articolo: Amministrazione di sostegno: la gestione del patrimonio amministrato e la responsabilità civile dell’amministratore, in “Il caso.it” dd 11.06.2016.
[2]) in questo senso si veda di Emanuele Calò, Amministrazione di sostegno, Giuffrè 2004, 124
[3]) op.ult.cit pag. 123.