Si ritiene utile chiarire alcuni concetti di fondo del diritto successorio, al fine di offrire, ma in maniera semplice al di fuori anche di inutili tecnicismi, punti focali di orientamento in una materia che appare spesso molto ostica.
Si incomincerà qui con l’accettazione dell’eredità, mettendo in risalto, innanzi tutto, il concetto che per il nostro ordinamento giuridico la qualità di erede non si acquista immediatamente ed automaticamente per il fatto di essere stati nominati tali in un testamento, o perché, in mancanza di testamento, ci si trovi rispetto al defunto in una certa posizione di parentela al momento del decesso del proprio congiunto.
Al momento dell’evento morte si verifica, invero, un fenomeno particolare giuridicamente rilevante, che si chiama tecnicamente “apertura della successione” e questo fenomeno ne produce, a sua volta, un altro che tecnicamente si chiama “devoluzione ereditaria”.
La devoluzione ereditaria consiste nell’offrire ad un soggetto o più soggetti individuati (persona o persone indicate nel testamento e/o familiari/parenti del defunto indicati dalla legge) la possibilità di appropriarsi di un patrimonio (eredità) appartenuto al defunto. Questo soggetto/soggetti individuati tecnicamente sono definiti “chiamati all’eredità”.
I “chiamati all’eredità” diventano “eredi”, cioè acquisiscono l’eredità con tutti i suoi contenuti patrimoniali attivi e passivi solo se lo vogliono o si attivano attraverso una dichiarazione formale di accettazione o un comportamento concreto significativo della volontà di accettare.
Con l’accettazione dell’eredità, che sia espressa (cioè palesata da una dichiarazione scritta formale), o tacita (cioè manifestata con un atteggiamento significativo: esempio, pagamento dei debiti ereditari, incasso dei crediti ereditari, vendita di beni dell’eredità), si ha subentro come erede nella posizione giuridica attiva e passiva del defunto, al quale, come si dice, l’erede succede.
La legge, come visto, prevede due forme di accettazione dell’eredità: quella espressa e quella tacita.
Un primo problema dibattuto in campo di amministrazione di sostegno è se il beneficiario può compiere atti di accettazione tacita giuridicamente rilevanti.
Poiché, inoltre, accettare l’eredità comporta per l’accentante subentrare al defunto sia nell’attivo che nel passivo, un secondo dibattuto problema è se il beneficiario di amministrazione di sostegno deve sempre in ogni caso accettare l’eredità con il beneficio d’inventario, anche quando il lascito è sicuro e non ci sono passività o ci sono passività ampiamente compensate dalle attività.
Tutta la disciplina dell’amministrazione di sostegno si basa sul concetto che il beneficiario non è paragonabile assolutamente all’interdetto, né al minore, tanto che l’art. 411 C.C. non richiama gli articoli 471 d 472, i quali stabiliscono per i minori e gli interdetti l’obbligo di accettare l’eredità solo con il beneficio d’inventario. Dal che, si evince che per il beneficiario esiste la possibilità di una accettazione tacita e/o di una accettazione espressa senza il beneficio d’inventario.
Allora, la domanda è: in quali casi è possibile prescindere dall’accettazione beneficiata e dall’accettazione espressa?
Una significativa risposta ai quesiti sopra posti si può trovare in una recente decisione del Giudice Tutelare di Vercelli dr. Bianconi del 3 marzo 2017 per un caso di beneficiario con amministratore di sostegno di rappresentanza, al quale erano state con il decreto di nomina estese le limitazioni di cui all’art. 411 per gli atti di straordinaria amministrazione.
Leggiamo assieme il ragionamento del Giudice e il dispositivo del decreto nelle parti che qui interessano:
“Deve premettersi come il decreto di nomina relativo al caso di specie indichi, tra gli atti di straordinaria amministrazione patrimoniale da compiersi con l’assistenza necessaria dell’amministratrice di sostegno, tanto la riscossione di capitali (omissis) quanto l’accettazione di eredità, con sostanziale richiamo alle norme di cui ai numeri 2) e 3) dell’art. 374 c.c.. Da un punto di vista dogmatico, non può dubitarsi della inapplicabilità generale, ai beneficiari di amministrazione di sostegno, dell’art. 471 c.c. (non richiamato dall’art. 411, comma 1, c.c., ed estensibile solo esplicitamente, ai sensi dell’ultimo comma della predetta norma), disposizione che impone l’accettazione beneficiata dell’eredità devoluta a minori ed interdetti.
I beneficiari, dunque, possono, in linea di principio, accettare l’eredità cui sono chiamati anche puramente e semplicemente, a patto che, ove previsto nel decreto di nomina, si muniscano, per il tramite dell’amministratore di sostegno, dell’autorizzazione di cui all’art. 374 comma 1, nr.3) c.c.
Ciò, è appena il caso di osservarlo, consente ai predetti chiamati di apprendere il patrimonio ereditario evitando i costi, i tempi e gli effetti dell’accettazione con beneficio di inventario, di fatto superflui in tutti i casi nei quali, per le condizioni di evidente capienza del compendio relitto (in ipotesi privo di poste passive), appaia inutile conseguire l’effetto di separazione patrimoniale di cui all’art. 490 c.c.; il tutto, inoltre, con un’operazione del tutto priva di rischi laddove il Giudice tutelare, nell’ambito dei poteri di cui all’ultimo
comma dell’art. 411 c.c. abbia in ogni caso esteso al beneficiario l’effetto protettivo previsto per gli interdetti di cui all’art. 489 c.c., cosa che è avvenuta nel caso in esame.”
Prosegue la disamina del Giudice Bianconi, prendendo in esame la possibilità per il beneficiario di accettare l’eredità in modo tacito, affermando e concludendo:
“Ciò premesso, vi è però da chiedersi se, per i beneficiari di amministrazione di sostegno sia possibile, con le debite autorizzazioni, tanto l’accettazione espressa dell’eredità (aspetto sul quale non sussistono perplessità), quanto l’accettazione tacita della medesima, che, come noto (art. 476 c.c.) si perfeziona laddove il chiamato compia un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare, e che non potrebbe essere compiuto se non in qualità di erede.
Ritiene questo Giudice che, ferme le precisazioni che seguiranno, non vi siano ragioni per escludere, in capo ai beneficiari di amministrazione di sostegno, la capacità, in linea generale, di procedere ll’accettazione tacita dell’eredità.
Militano in tal senso ragioni letterali: se è vero che l’accettazione pura e semplice può essere espressa o tacita (art. 474 c.c.); e se è vero che il beneficiario, come supra chiarito, può accettare puramente e semplicemente l’eredità; non si vede dunque perché inibirgli la modalità più diretta e usuale di porre in essere tale negozio. La qual cosa, oltretutto, consentirebbe al beneficiario di evitare i costi dell’accettazione espressa, laddove negoziata con atto pubblico (ciò che, in casi simili, avviene nella quasi totalità dei casi).
La precisazione che si rende peraltro indispensabile, è quella per cui, laddove al beneficiario sia imposto di accettare l’eredità solo previa autorizzazione del Giudice tutelare (art. 374, comma 1, nr. 3, c.c.) – o in ogni caso gli sia precluso di negoziare validamente atti concernenti la straordinaria amministrazione patrimoniale – dovrà essere sottoposta alla relativa autorizzazione proprio l’atto il cui compimento importerà accettazione ereditaria. In mancanza, l’accettazione tacita dell’eredità potrà sì dirsi compiuta, ma certo non validamente, giusta il disposto di cui all’art. 412 c.c.
È appena il caso di notare, poi, che il compimento dell’atto che comporti accettazione tacita, nella gran parte dei casi, sarà anch’esso soggetto al medesimo regime autorizzativo (si pensi alla riscossione di capitali, o alla vendita di beni), ciò che determinerà dunque una duplice valenza in capo al decreto del Giudice tutelare, da intendersi quale condicio juris tanto del valido compimento dell’atto espresso, quanto della valida accettazione tacita dell’asse ereditario.
Questo implica dunque necessariamente che, in sede di istanza al Giudice tutelare, l’interessato illustri compiutamente non solo i contenuti dell’atto da autorizzarsi, ma altresì che il compimento dello stesso determinerà gli effetti di cui all’art. 476 c.c., e che questi ultimi saranno forieri di conseguenze positive per il soggetto beneficiario, o quantomeno scevri da controindicazioni”
Anche la dottrina, sebbene non manchino opinioni contrarie, in prevalenza considera possibile che il beneficiario di una amministrazione di sostegno accetti l’eredità a lui devoluta senza obbligo di beneficio d’inventario.
Spetterà, dunque, al Giudice stabilire nel decreto di nomina, accertate la situazione specifica e le ragioni dedotte a base dell’apertura dell’amministrazione di sostegno, o con un provvedimento successivo all’occorrenza, prevedere e consentire l’accettazione pura e semplice od imporre quella beneficiata.
Resta, comunque, in ogni caso necessaria, perché l’accettazione sia valida, l’autorizzazione del Giudice ad accettare, ove nel decreto per gli atti di straordinaria amministrazione questa sia stata prevista.
La riscossione dei crediti ereditari, come altri atti dispositivi del patrimonio ereditario debitamente autorizzati, può assumere talvolta anche il valore di accettazione tacita dell’eredità quando l’amministratore di sostegno è solo di rappresentanza.
Nei casi, invece, in cui l’amministratore di sostegno sostituisca in toto il beneficiario, non si ritiene poter scorgere nel compimento da parte dell’amministratore di sostegno dell’atto autorizzato dal Giudice nell’interesse del beneficiario un atto di accettazione tacita dell’eredità da parte del beneficiario.
In tal caso, l’amministratore di sostegno si premurerà di chiedere ed ottenere dal Giudice l’autorizzazione ad accettare l’eredità.
25 Gennaio 2018
Giacomo Busilacchio (notaio in pensione)